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POLENTA DI MIGLIO DELLA CASALINGHITUDIINE – FOTOGRAFIE DI ALESSANDRO ARNABOLDI

 

 

Siamo in dirittura d’arrivo. Siamo davvero in dirittura d’arrivo? Sicuramente siamo alla frutta, per lo meno io. Il 15 marzo è diventato fine marzo, trasformato in 13 aprile e poi infine 4 maggio che per me comunque prosegue.

Due mesi di casalinghitudine. Due mesi forzati e vissuti tra le quattro mura, cercando ogni giorno il lato positivo, il bello ed il buono. Due mesi per rimettersi a posto, per fare il bilancio delle cose e l’opportunità di riappropriarsi di ciò che ci sfugge sempre. Due mesi di pianti isterici per la paura, di ansia per chi non vedi e non senti da giorni, di sorrisi e risate, di tempo per noi e di tempo per gli altri.

Due mesi a ricapitolare e tirare le somme di quello che stavi facendo ignorando del tutto se potrai mai tornare a farlo. Il bello della vita è proprio questo. Fai progetti, ti rimbocchi le maniche e poi accade l’impensabile e ti devi rimettere in discussione. Trovare nuovi orizzonti da contemplare, nuova linfa da cui rigenerarsi. Nuovi progetti, perché tutto quello che stavi portando avanti è stato spazzato via. Una nuova occasione per rimettersi in gioco e fare ancora meglio. Riorganizzarsi, destreggiarsi di nuovo con leggi e condizioni. L’opportunità di trovare qualcosa di affascinante e stimolante per portare avanti i propri valori e la propria essenza. Dobbiamo cambiare il modo in cui lo stavamo facendo, ma non abbandonare ciò in cui crediamo. Magari è la volta buona per consolidarli maggiormente, crederci ancora di più. Trovare nuove strade per stare più vicini, coesi, anche se fisicamente lontani.

Allora in questi giorni faccio il bilancio di quello che ho fatto, di quello che sono e non sono riuscita a fare, quello che ho progettato e quello che ho gettato nel cestino, per far spazio.

Quando ho dovuto abbassare la saracinesca ho pensato a me. Ho letto, come se fosse l’invito a fermarsi e recuperare le forze. Ho studiato quei libri che mi osservavano dalla libreria e che prendevo in mano tante volte ma che non avevo tempo di leggere. E mi ci sono tuffata. Felice per avere occasione di studiare. Storia e scienza. Le materie che mi affascinano. Sono partita da li; dal passato per comprendere come affrontare il futuro.

Ho riordinato casa ed insieme ad essa le idee. Ho pensato cosa avrei potuto fare nel mio piccolo per essere di aiuto agli altri, non potendo cucinare. Che cosa so fare che potrebbe servire a qualcuno d’altro li fuori?

E così, in questi due mesi, ho ideato la rubrica SOS ricette, per suggerire ricette e consigli a chi non ne ha, usando quello che hanno nel frigo. Ogni giorno a mezzogiorno in diretta ho preparato una ricetta con quello che avevo in casa. Uno spunto, dialogando con chi era dall’altra parte del mio iphone. 60 ricette quasi, una ogni giorno. Ho creato contenuti per i social, ho mandato mail e newsletter, ho risposto a ogni singolo messaggio e a ogni commento, a ogni telefonata. Ho seguito corsi, consultato esperti che potevano darmi strumenti per affrontare il domani, che mi facessero crescere o che mi aiutassero a ritrovare il centro. Ho ideato, organizzato e gestito workshop ogni settimana. Ogni volta con un argomento diverso, coinvolgendo anche altri creando sinergie e collaborazione pur di prenderci cura di chi ne avesse bisogno. Quello che ho sempre fatto, alla base della Taverna.

Mi sono confrontata con altri imprenditori, con altri professionisti.

Ho costituito nuove collaborazioni, seminato in maniera maniacale e senza sosta per far conoscere i progetti che amo. Ho studiato nuove strategie per lavorare. Ho tenuto corsi a distanza, raggiungendo persino il Portogallo ed il Brasile, implementato il servizio di delivery, fatto consulenze.

Ho sostenuto chi ne aveva bisogno, con una parola in più e un abbraccio virtuale.

Ho ricominciato a fare yoga. Prima una volta, poi due e ora ogni giorno. E mi sento felice finita la pratica, rigenerata.

Sono stata segnalata tra i 10 siti di ricette da seguire in quarantena da Linkiesta, intervistata da Storie di cibo, Scatti di Gusto ha voluto una mia ricetta per la quarantena per un suo articolo. Ho scritto un articolo sull’innovazione sociale e il welfare con Bollino Etico Sociale, chiacchierato con Davide Maffioli e con Olistihouse. Ho ospitato amici nelle mie dirette e ascoltato ogni mattina le parole e i suoni di Sara.

Ho giocato con Alberto. Con la fantasia siamo stati al cinema ed al karaoke, in discoteca, in pizzeria e al ristorante. Al chiosco sulla spiaggia ed in un giardino a piantar sementi di fiori. Abbiamo fatto yoga insieme e tante coccole. Costruito aquiloni, mandala, case di lego e progetti per la scuola.

Ho conosciuto un sacco di persone nuove, trascorso ore al telefono o in video chiamata.

Sembra quasi tutto perfetto. Cosa mi manca?

Mi manca stare nella mia Taverna e accogliere i miei ospiti, passeggiare in mezzo al parco dietro al laboratorio, mi mancano i fiori ed il sole, mi manca la mia montagna, mi manca il mare.

Ma più di tutti mi mancano gli abbracci. Quelli forti, avvolgenti, talmente stritolanti che sembra che ti spezzino le ossa ed invece te le sistemano… Quelli in cui non c’è bisogno di parole perché sai che andrà tutto bene. Gli abbracci, quelli intensi, lunghi, bellissimi. Quelli che nel silenzio urlano tutto l’affetto e la cura. Quelli talmente stretti che pensi di soffocare ed invece ti ossigenano. Che quando molli la presa senti la gioia sprizzare da ogni poro…

Senza mi sento disarmata. Ancora di più perché temo di non poter abbracciare a lungo.

Temo che tutto questo pandemonio abbia cambiato completamente il nostro modo di vedere gli altri, e ci farà vivere dietro le barriere.

Temo di aver perduto quei momenti con gli amici in cui stai vicini vicini a sorseggiare una birra e magari appoggiare la testa sulla spalla dell’altro per un conforto nei momenti di difficoltà o per sparare cavolate e ridere fino alle lacrime, l’intreccio delle mani, delle parole sussurrate all’orecchio nei locali chiassosi e di tutti quei gesti che eravamo abituati; a cui io ero abituata.

Mi mancano gli abbracci ed in certi giorni penso che non ce la farò. Che tutto è perduto.

Poi ci ripenso, riprendo in mano un libro, osservo le strade vuote sotto casa dalla finestra, coccolo il gatto acciambellato accanto a me sempre, giro una pagina del mio quaderno per prendere nuovi appunti e penso alla ricetta per il giorno dopo.

Una ricetta semplice, facile, il più possibile casalinga. Ma che possa trasmettere qualche cosa. Che possa raccontare.

“Marzia, ho pensato di parlare della puls punica, ti ricordi la ricetta del dolce che avevamo fatto tempo fa?” “si, ma è solo nelle dispense del corso” “e quell’altra?” “idem”.

Ho atteso una telefonata che non è arrivata e mi sono messa in cucina a preparare questa polenta di miglio.

Un’altra ricetta casalinga, semplice e di origini antichissime. Quelle da cui è partita la mia quarantena studiando l’alimentazione nella storia. Una volta pronta l’ho farcita con legumi e le verdure. Esattamente come all’epoca di Catone, ma riportata ai giorni nostri con quello che abbiamo in frigorifero.

Scorre così un’altra domenica, in attesa di poter tornare a cucinare sul serio, e come piace a me, e riabbracciare chi amo, che le telefonate non mi bastano più. Una giornata trascorsa tra i fornelli, i set fotografici di Alessandro, i compiti di Alberto ed il pc per organizzare il lavoro del domani ed i progetti della settimana. L’ultima, perché vada come vada ho deciso così.

 

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polenta di miglio

 

Polenta di miglio della casalinghitudine

 

Ingredienti per 4 persone:

200 g di miglio

1 litro di acqua

2 carciofi

12 funghi pioppini (o altri funghi coltivati)

qualche cimetta di broccolo e cavolfiore

150 g di edamame surgelati

2 fragole

1 spicchio di aglio

1 cucchiaino di zucchero integrale grezzo

sale,pepe, aceto di mele e olio evo

 

Procedimento:

Tritare il miglio in un frullatore. Cuocerlo in un litro di acqua per circa 40 minuti, mescolando di tanto in tanto e salando leggermente. Proseguire la cottura fino a quando il miglio si disfa formando una polentina. A piacere condire con della scorza di limone grattuggiata.

Nel frattempo sbianchire per 4 minuti le cimette di broccolo e di cavolfiore in acqua bollente salata. Nella stessa acqua di cottura sbianchire gli edamame per 3 minuti. Scolare e tenere da parte al caldo.

In una casseruola arrostire, per qualche minuto a fiamma vivace, i funghi in abbondante olio evo e uno spicchio di aglio.

Affettare i carciofi e stufarli in una casseruola, sfumando con due cucchiai di aceto di mele e un cucchiaino di zucchero di canna. Proseguire la cottura per circa 10 minuti, salando leggermente, fino a quando i carciofi risulteranno teneri.

Distribuire la polenta nei piatti guarnendo con gli edamame e le verdure. Decorare con fettine di fragole e condire con olio evo a crudo.

Buon appetito!

 

Tempi di preparazione:

1 ora circa

 

Difficoltà:

facile

 

Nota bene. La polenta di miglio affonda le radice nei secoli, prima ancora del pane che fino all’invasione barbarica è stato per il Romano Impero l’alimento principale. Non ci sono ricette vere e proprie ma si sa che gli antichi preparavo il “puls”, macinando i cereali e cuocendoli con acqua. Nelle aree napoletane veniva fatto con il miglio appunto, cereale diffuso all’epoca mentre i romani lo cucinavano a base di farro. Questopiatto veniva poi accompagnato con erbe, ortaggi e legumi. L’introduzione del pane, l’importazione del mais dalle Americhe hanno sostituito questa preparazione semplice ma sostanzoisa.

 

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