Tartelletta di ceci con crema pasticcera ai peperoni

Questo dessert è nato dall'esigenza di fare delle prove per il dolce da presentare al Joia Academy per l'esame. Fin dal principio avevo ben focalizzato quale dessert preparare, che sarebbe stato interamente crudista è suddiviso in tre parti. Una simil panna cotta ai lamponi su brownies di cacao e noci, una crema pasticciera crudista allo zafferano con caviale d'anguria, pistacchi e liquirizia e una sfoglia croccante di lino e banana con un gelato crudista alla pesca. Il crudismo è per me una tranquillità. Mi sento abbastanza ferrata e mi muovo con tranquillità. Conosco gli ingredienti e le tecniche. So come utilizzare la frutta e i semi così come ingredienti più particolari come l'alba irish moss o la xantana. Giocavo quindi su un terreno sicuro, una mia certezza. Se nel primo e secondo dessert ero assolutamente convinta però, del terzo non ero fermamente convinta. Ogni giorno che passava, e ad ogni lezione, quella certezza di fare tutto crudo vacillava. Cosa avrei imparato se restavo ferma sulle mie conoscenze? Uscire dalla mia zona di comfort non mi faceva paura ma mi aveva lasciato il vuoto nel terzo dessert che componeva il piatto. Se non avessi fatto una cialda con il gelato, cosa avrei potuto fare? Forse era più probabile fare qualcosa di più elaborato ma mantenendo l'idea iniziale. Un giorno lessi per caso una frase tratta dal libro di "Alice nel paese delle meraviglie", uno dei miei libri preferiti ed il primo che lessi da sola da bambina: . Lessi più volte questa frase è tutto mi fu chiaro. Come una illuminazione, come se nella testa avesse iniziato a suonare un campanello. "Tutto dipende da dove vuoi andare". Certo, se io fossi Alice, vorrei andare incontro al Bianconiglio. Ognuno di noi ha il proprio Bianconiglio. Il mio dessert non era " questa sono io" ma "dove sono e dove sto andando". Così era più appropriato! E dove starei andando? Verso un mondo fatto di mestoli e stoviglie, di dessert peccaminosi e opere d'arte nel piatto. Caspita, sto studiando dai più grandi in assoluto e gli presento c'è cosa? Il vortice nel mio cervello aveva iniziato a riprendere velocità. Avrei comunque fatto una cialda ma doveva essere più particolare. Il gelato crudista è così diventato il gelato alla mela che avevo visto al Vegetarian Change. Lo chef che lo aveva preparato, in versione salata alle ortiche, al termine della sua performance si era gentilmente fermato a parlare con me. Ne avevo approfittato per farmi raccontare il piatto che mi aveva particolarmente colpito. Io sono come San Tommaso ed avevo provato a rifarlo. Mi aveva precisato che, grazie alla pectina contenuta nella mela, una volta montato il gelato non si scioglie. Ed era assolutamente vero. Sarebbe stato il mio ripieno. Una mela cotta alla cannella, trasformata in gelato. Era comunque un gelato, come lo avevo immaginato all'inizio, ed era una mela cotta, in assoluto il mio dessert preferito. Io amo i dolci semplici e semplice doveva comunque rimanere anche il piatto che avrei presentato. Il guscio che l'avrebbe contenuto doveva essere friabile, leggero e lo volevo senza glutine e lievito, così da poterlo mangiare anche io. In questi mesi ho lavorato molto con la farina di ceci, studiandone le caratteristiche e provando a realizzare diverse preparazioni. L'ho unita alla farina di grano saraceno che, oltre a darmi quel tocco di rusticità della Taverna, mi permetteva di dare robustezza e consistenza alla preparazione. Avevo imparato che, utilizzando acqua bollente, si creava una maglia elastica che permetteva di lavorare la farina. Ho sfruttato quindi questa conoscenza, oltre ad aggiungere lo sciroppo d'agave, per ottenere una frolla friabile e lavorabile. Le prima prove mi avevano soddisfatto in termini di impasti che avevo modellato a corolla. Sembravano le gonne di tulle delle ballerine, vaporose e allegre e, nonostante mi piacessero e mi rappresentassero molto, sapevo che non erano giuste per la mia presentazione. Pensando e ripensando alla fine ho scelto una forma cilindrica che più si addiceva al piatto nel suo complesso. Il piatto risultava equilibrato. Un percorso, come il mio di studio, che mi portava dal dessert crudista super collaudato a una tartelletta farcita con gelato di mela, rinfrescante, e pesca caramellata alla limoncina. Nonostante lo stravolgimento del piatto, avevo però mantenuto la costante della semplicità e della "rusticità" che contraddistingue la Taverna. Per dare una nota caratteristica al piatto ho concluso decorando con caviale di anguria. Il caviale ho imparato a farlo studiando la cucina molecolare. Una cucina che mi diverte molto e che mi piace sperimentare. Non sono sicura che vorrei mangiare un piatto, o un'intera cena, di questo tipo di cucina ma aggiungere dei dettagli ai piatti lo trovo gradevole. La cucina molecolare mi costringe ad analizzare più attentamente la chimica degli alimenti e degli elementi utilizzati e lo trovo molto interessante. Al termine delle mie prove avevo diverse tartellette, di varie forme e misure, che non sapevo come usarle. Con l'unico peperone che mi era rimasto in frigo ho preparato una salsa dolce. Ho aromatizzato con le mie amate spezie e cotto tutto con sciroppo d'agave fino ad ottenere una consistenza simile alla crema pasticciera. Un'altra cosa interessante che ho imparato al Joia è di osare e non relegare gli ortaggi alle preparazioni salate e la frutta a quelle dolci ma di utilizzarle a 360 gradi. A Piccolo Chef, che adora i peperoni, è piaciuta molto e sono finite in un lampo. Frolla ai ceci con crema pasticciera ai peperoni
tartelletta di ceci con crema pasticcera ai peperoni

TARTELLETTA AI CECI CON CREMA PASTICCERA AI PEPERONI – FOTOGRAFIA DI ALESSANDRO ARNABOLDI

Questo dessert è nato dall’esigenza di fare delle prove per il dolce da presentare al Joia Academy per l’esame.
Fin dal principio avevo ben focalizzato quale dessert preparare, che sarebbe stato interamente crudista è suddiviso in tre parti. Una simil panna cotta ai lamponi su brownies di cacao e noci, una crema pasticciera crudista allo zafferano con caviale d’anguria, pistacchi e liquirizia e una sfoglia croccante di lino e banana con un gelato crudista alla pesca.
Il crudismo è per me una tranquillità. Mi sento abbastanza ferrata e mi muovo con tranquillità. Conosco gli ingredienti e le tecniche. So come utilizzare la frutta e i semi così come ingredienti più particolari come l’alba irish moss o la xantana. Giocavo quindi su un terreno sicuro, una mia certezza.
Se nel primo e secondo dessert ero assolutamente convinta però, del terzo non ero fermamente convinta.
Ogni giorno che passava, e ad ogni lezione, quella certezza di fare tutto crudo vacillava. Cosa avrei imparato se restavo ferma sulle mie conoscenze?

tartelletta di ceci con crema pasticcera ai peperoni

tartelletta di ceci con crema pasticcera ai peperoni

Uscire dalla mia zona di comfort non mi faceva paura ma mi aveva lasciato il vuoto nel terzo dessert che componeva il piatto. Se non avessi fatto una cialda con il gelato, cosa avrei potuto fare? Forse era più probabile fare qualcosa di più elaborato ma mantenendo l’idea iniziale.
Un giorno lessi per caso una frase tratta dal libro di “Alice nel paese delle meraviglie”, uno dei miei libri preferiti ed il primo che lessi da sola da bambina:
<Alice chiese  “volevo soltanto chiederle che strada devo prendere” e lo Stregatto rispose “beh, tutto dipende dove vuoi andare”>.

il mio dessert per il Joia Academy

il mio dessert per il Joia Academy

Lessi più volte questa frase è tutto mi fu chiaro. Come una illuminazione, come se nella testa avesse iniziato a suonare un campanello. “Tutto dipende da dove vuoi andare”. Certo, se io fossi Alice, vorrei andare incontro al Bianconiglio. Ognuno di noi ha il proprio Bianconiglio. Il mio dessert non era ” questa sono io” ma “dove sono e dove sto andando”. Così era più appropriato! E dove starei andando? Verso un mondo fatto di mestoli e stoviglie, di dessert peccaminosi e opere d’arte nel piatto. Caspita, sto studiando dai più grandi in assoluto e gli presento c’è cosa?
Il vortice nel mio cervello aveva iniziato a riprendere velocità. Avrei comunque fatto una cialda ma doveva essere più particolare. Il gelato crudista è così diventato il gelato alla mela che avevo visto al Vegetarian Change. Lo chef che lo aveva preparato, in versione salata alle ortiche, al termine della sua performance si era gentilmente fermato a parlare con me. Ne avevo approfittato per farmi raccontare il piatto che mi aveva particolarmente colpito. Io sono come San Tommaso ed avevo provato a rifarlo. Mi aveva precisato che, grazie alla pectina contenuta nella mela, una volta montato il gelato non si scioglie. Ed era assolutamente vero. Sarebbe stato il mio ripieno. Una mela cotta alla cannella, trasformata in gelato. Era comunque un gelato, come lo avevo immaginato all’inizio, ed era una mela cotta, in assoluto il mio dessert preferito. Io amo i dolci semplici e semplice doveva comunque rimanere anche il piatto che avrei presentato. Il guscio che l’avrebbe contenuto doveva essere friabile, leggero e lo volevo senza glutine e lievito, così da poterlo mangiare anche io.
In questi mesi ho lavorato molto con la farina di ceci, studiandone le caratteristiche e provando a realizzare diverse preparazioni. L’ho unita alla farina di grano saraceno che, oltre a darmi quel tocco di rusticità della Taverna, mi permetteva di dare robustezza e consistenza alla preparazione. Avevo imparato che, utilizzando acqua bollente, si creava una maglia elastica che permetteva di lavorare la farina. Ho sfruttato quindi questa conoscenza, oltre ad aggiungere lo sciroppo d’agave, per ottenere una frolla friabile e lavorabile. Le prima prove mi avevano soddisfatto in termini di impasti che avevo modellato a corolla. Sembravano le gonne di tulle delle ballerine, vaporose e allegre e, nonostante mi piacessero e mi rappresentassero molto, sapevo che non erano giuste per la mia presentazione. Pensando e ripensando alla fine ho scelto una forma cilindrica che più si addiceva al piatto nel suo complesso. Il piatto risultava equilibrato. Un percorso, come il mio di studio, che mi portava dal dessert crudista super collaudato a una tartelletta farcita con gelato di mela, rinfrescante, e pesca caramellata alla limoncina. Nonostante lo stravolgimento del piatto, avevo però mantenuto la costante della semplicità e della “rusticità” che contraddistingue la Taverna. Per dare una nota caratteristica al piatto ho concluso decorando con caviale di anguria. Il caviale ho imparato a farlo studiando la cucina molecolare. Una cucina che mi diverte molto e che mi piace sperimentare. Non sono sicura che vorrei mangiare un piatto, o un’intera cena, di questo tipo di cucina ma aggiungere dei dettagli ai piatti lo trovo gradevole. La cucina molecolare mi costringe ad analizzare più attentamente la chimica degli alimenti e degli elementi utilizzati e lo trovo molto interessante.
Al termine delle mie prove avevo diverse tartellette, di varie forme e misure, che non sapevo come usarle. Con l’unico peperone che mi era rimasto in frigo ho preparato una salsa dolce. Ho aromatizzato con le mie amate spezie e cotto tutto con sciroppo d’agave fino ad ottenere una consistenza simile alla crema pasticciera. Un’altra cosa interessante che ho imparato al Joia è di osare e non relegare gli ortaggi alle preparazioni salate e la frutta a quelle dolci ma di utilizzarle a 360 gradi. A Piccolo Chef, che adora i peperoni, è piaciuta molto e sono finite in un lampo.

tartelletta di ceci con crema pasticcera ai peperoni

tartelletta di ceci con crema pasticcera ai peperoni

Tartelletta di ceci con crema pasticciera ai peperoni

Ingredienti:

70 gr di farina di ceci

30 gr di farina di grano saraceno

2 cucchiai di olio di girasole

3 cucchiai di sciroppo di agave

2 gr di vaniglia

Acqua

1 peperone

cannella, vaniglia, cardamomo e coriandolo

2 cucchiai di sciroppo d’agave

1 cucchiaio scarso di maizena

1 cucchiaino di olio di semi

mirtilli freschi

menta fresca

 

Procedimento:

 

Impastare la farina di ceci con quella di grando saraceno, a cui aggiugere l’olio, lo sciroppo di agave e l’acqua bollente. Unire l’acqua a piccole dosi fino ad ottonere una frolla. Far riposare l’impasto per almeno 30 cm.
Trasferire il composto in uno stampo da tartelletta e infornare per 10 minuti in forno caldo, a 200 gradi. Sfornare e far raffreddare.

Nel frattempo lavare, pelare e tagliare a cubetti il peperone. Metterlo in una padella con un cucchiaino di olio di girasole e le spezie, dosate a piacere, mescolando e mantenendo la fiamma dolce. Aggiungere mezzo bicchiere di acqua e lo sciroppo d’agave. Proseguire la cottura fino a quando il peperone risulterà tenero. Trasferire il peperone nel frullatore e ottenere una salsa. Passare la salsa al colino e rimetterla sul fuoco portando a bollore. Aggiungere la maizena stemperata in poca acqua e addensare la salsa. Spegnere il fuoco e lasciare raffreddare.

Farcire le tartellette con la crema ai peperoni. Decorare con mirtilli freschi e servire.

Buon appetito!

 

Tempi di preparazione:

1 ora circa